Questa volta il dito lo ficco nell’occhio di tutti quei sindaci che nei tempi passati, irretiti dalle promesse di costituendi parchi, hanno detto di sì.
di Bruno Modugno
Sete di poltrone, speranza -anche in buona fede- di ottenere vantaggi, come sovvenzioni per centri visite, strade, strutture, incremento del turismo naturalistico o per lo meno l’attenzione dei giornali e di quelli che contano nella grande abboffata di natura della quale si riempiono tutti la bocca senza aver mai visto nascere o morire il porco di casa. Poi si sono trovati il nemico nel letto. Le “guardie del cardinale” avevano accesso dappertutto, sindacavano l’apertura di una finestrella, la costruzione di una porcilaia, il cambio non previsto di una coltura.
Non parliamo di aprire una pista di sci, che (quella sì!) avrebbe portato turismo, o di costruire qualcosa non garbasse al nuovo re che si era installato sul territorio. Il quale si credeva onnipotente, tracciava la lista dei buoni e dei cattivi, usava il denaro pubblico per assumere chiunque volesse, fuori delle regole, attirando soltanto qualche volta l’attenzione di distratte Procure. In realtà dovrei avere 4166 dita da infilare almeno in un occhio degli altrettanti sindaci che hanno chiesto (o hanno lasciato) che i loro comuni – più della metà dei comuni d’Italia -fossero inclusi in parchi o aree protette.